La ristrutturazione della Nato

LA RISTRUTTURAZIONE DELLA NATO. Editoriale di Federico Petroni su Limesonline il 12 febbraio 2022. Su ItalianaContemporanea questo testo è rubricato nella pagina “Ucraina“.


All’ombra della crisi ucraina si sta svolgendo qualcosa di estremamente rilevante. Gli Stati Uniti stanno ristrutturando la loro presenza militare nel continente. Senza stravolgerla, stanno dando nuova forma alla Nato, provando a conservare il suo tradizionale significato. Riassumiamo i principali avvenimenti. Gli americani hanno aumentato il contingente in Polonia e in Romania di tremila unità. Stanno negoziando con la Slovacchia un accordo per accedere alle sue infrastrutture, in cambio di denaro per ammodernarle. Ne stanno negoziando un altro simile con la Danimarca, per inviare all’occorrenza truppe nella penisola dello Jutland (o sull’isola di Bornholm, ma non in Groenlandia o alle Fær Øer). Non casualmente, l’Ungheria in questi giorni si è detta contraria a ospitare nuovi reparti della Nato sul proprio territorio. Nelle stesse ore, l’Alleanza Atlantica ammetteva che potrebbero nascere nuove strutture militari permanente in Est Europa.

Basta guardare una mappa per capire che cosa sta avvenendo: gli americani vogliono costruire uno schieramento militare senza soluzione di continuità nell’Europa fra i due mari (Nero e Baltico). Fra i tre, se si include l’Artico, con la Norvegia con la quale sono stati siglati accordi per una presenza in quattro basi. Non è un piano figlio della crisi ucraina perché l’intesa con Oslo è del 2021 e sempre lo scorso anno sono iniziate le trattative con Copenhagen. I semi sono stati gettati ben prima, con progetti infrastrutturali di lungo respiro come la ferrovia tra Costanza e Danzica, che tocca proprio tutti i paesi Nato confinanti con l’Ucraina.

Tuttavia, il piano certifica diversi aspetti di fondamentale importanza. Innanzitutto, gli americani non hanno alcuna intenzione di lasciare l’Europa, nemmeno al salire dell’intensità della sfida con la Cina. Poi, come argomentavamo lo scorso anno, la nuova cortina di ferro va consolidandosi selezionando i nuovi paesi perno. Di conseguenza, il nuovo assetto dimostra la crescente divisione interna alla Nato, con gli orientali e i nordici come avamposti antirussi e gli occidentali meno coinvolti nel contenimento. Questo fattore lascia a Italia, Francia e Germania margine d’azione per farsi valere altrove (per noi è essenziale il Mediterraneo) e/o per studiare posizioni comuni nel negoziato con la Russia. Infine, una parola sulla posizione della Danimarca: l’adesione al progetto americano conferma il suo crescente distacco dalla Germania, visibile non solo nella diversa percezione della Russia, ma pure in materia fiscale (i danesi erano fra i frugali più tenaci contro gli eurobond concessi da Merkel all’Italia).
Considerando che la Nato si fonda sulla neutralizzazione della Germania, la scelta di Copenhagen non è affatto banale.

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