
Primo Levi, il centauro.
Pagina dedicata all’analisi, al commento, ai saggi critici delle opere di Primo Levi. Ogni anno anche testi per il Giorno della Memoria.
«Io credo proprio che il mio destino profondo (il mio pianeta, direbbe don Abbondio) sia l’ibridismo, la spaccatura. Italiano, ma ebreo. Chimico, ma scrittore. Deportato, ma non tanto (o non sempre) disposto al lamento alla querela».
Così è anche l’opera di Primo Levi. Centauresca per pluralità di temi e di scritture. Autobiografia, romanzo, poesia lirica, racconto breve. I modi del realismo, del fantastico, della fantascienza, del giallo. Sempre una forte e problematica vocazione morale.
- 🖇 Clip. Shemà. F. Cremascoli. ⏱ 2′ 34″
- 🖇 Analisi del testo. Agli amici. F. Cremascoli. ⏱ 11′ 43″
- 🖇 Analisi del testo. Le pratiche inevase. F. Cremascoli. ⏱ 8′ 10″
- Commento. La scrittura di Primo Levi. F. Cremascoli. 1.019 parole. ⏱4′ 5″
- 📖 Commento. L’officina di Primo Levi. Luca Serianni. 929 parole. ⏱4′
- 📖 Dibattito. Primo Levi. Diffidare del quasi-uguale. Primo Levi. 1.018 parole. ⏱4′
- Recensione. Procacciatori d’affari. F. Cremascoli. 1.699 parole ⏱7′ 30″
Primo Levi, il centauro. Saggio
Primo Levi, il centauro. Percorsi di analisi testuale è il saggio di Ferdinanda Cremascoli dedicato al grande scrittore italiano.
Il saggio include il testo della conferenza tenuta ad Amsterdam all’Istituto Italiano di Cultura nel 2019 “Primo Levi ad Auschwitz”. e analisi di “Agli amici”, “Il sesto giorno” e “Batter la lastra”.
Il saggio è disponibile in tutte le librerie online.

Giorno della Memoria 2023
- Il valore dell’Olocausto. Breve saggio di Imre Kertész
- Maus. Auschwitz, e dopo Auschwitz. Commento d F.Cremascoli al graphic novel di Art Spiegelman.
- Il disinganno della guerra, una riflessione di Sigmund Freud sulla guerra.
Perché associare I testi del Giorno della memoria con l’opera di Primo Levi? Si potrebbe farne una pagina a sé. Ma come dimenticare, noi che leggiamo in italiano, il testimone Primo Levi? È lui a raccontare il 27 gennaio 1945 in Auschwitz.
«Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati ad uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. (…) Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa».
Primo Levi, La tregua, “Il disgelo”, Einaudi, Torino, 1963