Elon Musk e Twitter

Elon Musk e Twitter. Perché lo ha fatto? Dove ha trovato i soldi, come l’hanno presa Jack Dorsey, Jeff Bezos e i dipendenti dell’azienda. Un commento di RivistaStudio del 26 aprile.

Questo commento è rubricato nella pagina “Digitale e democrazia“. Impestò è di 1.460 parole e richiede un tempo di lettura di circa 6 minuti.


Lunedì 25 aprile è diventato ufficiale: Elon Musk ha comprato Twitter. L’operazione sarà definita nei prossimi mesi, ma le cifre già si conoscono (anche perché Musk ha raccontato praticamente tutte le fasi della trattativa in diretta, ovviamente su Twitter). L’uomo più ricco del mondo diventerà il proprietario del suo social network preferito pagandolo più o meno la cifra che aveva annunciato e offerto: 44 miliardi di dollari, 54,20 dollari ad azione.

Circa un mese fa, Musk aveva cominciato a muovere critiche nei confronti di Twitter. Il 24 marzo aveva scritto che secondo lui l’algoritmo del social dovrebbe essere open source. Il giorno dopo aveva lanciato un sondaggio: «La libertà di parola è fondamentale in una democrazia. Credete che Twitter rispetti in maniera rigorosa questo principio?», seguito da un avvertimento: «Le conseguenze di questo sondaggio saranno importanti. Per favore votate responsabilmente». E poi, il 26 marzo, la domanda: «C’è bisogno di una nuova piattaforma?». Alla fine la piattaforma è rimasta la stessa, è cambiato “soltanto” il proprietario. Nei giorni successivi Musk ha detto di considerare Twitter uno strumento fondamentale nelle moderne democrazie. Nel frattempo, comprava azioni. Secondo quanto riporta Fortune, ha cominciato a farlo il 31 gennaio. Al 14 di marzo aveva acquisito il 5 per cento del pacchetto azionario dell’azienda. Il 4 aprile le azioni possedute da Musk diventano il 9 per cento e la notizia del suo investimento diventa di pubblico dominio: gli dà il benvenuto il Ceo di Twitter, Parag Agrawal, mentre Musk già inizia a proporre idee. L’edit button, per esempio, sottoposto anch’esso al giudizio popolare tramite sondaggio Twitter. Agrawal commenta l’iniziativa con una frase: «Le conseguenze di questo sondaggio saranno importanti. Per favore votate responsabilmente».

È in questi giorni che si capisce che Musk non ha intenzione di diventare un’azionista di Twitter: vuole diventarne il proprietario. In questo senso, l’indizio più rilevante è il rifiuto di accettare un posto nel consiglio di amministrazione dell’azienda. Ufficialmente, la ragione del rifiuto sono i troppi impegni pregressi, tra Tesla e SpaceX. In realtà, il problema sta in una condizione posta dal board di Twitter: Musk può sedere nel cda a patto di firmare un accordo in cui garantisce che non comprerà più del 14,9 per cento del pacchetto azionario. Nonostante fino a pochi giorni fa tutta questa storia venisse considerata da molti solo l’ennesima «pagliacciata» (un’attività alla quale Musk si è spesso dedicato, come scritto sull’Economist), alla fine hanno avuto ragione quelli che sin dall’inizio avevano preso sul serio l’iniziativa di Musk. Mentre proponeva sondaggi su Twitter, Musk si stava già muovendo per assicurarsi il capitale necessario all’operazione, infatti. Circa metà dei 44 miliardi necessari all’acquisizione verranno da prestiti erogati da Morgan Stanley. Il resto della somma la coprirebbe lo stesso Musk: secondo quanto riporta Forbes, con un prestito ottenuto attraverso la sua partecipazione azionaria in Tesla. A tutti quelli che hanno espresso preoccupazioni per gli altissimi rischi assunti da Musk, quest’ultimo ha risposto che dei dettagli economici dell’accordo non gli «importa assolutamente niente», perché a suo dire comprare Twitter è una cosa necessaria per garantire «il futuro della civiltà».

Elon Musk e Twitter. Jack Dorsey. Una delle reazioni più attese alla notizia era quella di Jack Dorsey, co-fondatore ed ex amministratore delegato di Twitter. Un commento che è arrivato oggi e che comincia con una canzone dei Radiohead: “Everything in its right place”. Dorsey afferma di considerare Twitter la cosa più simile a una «coscienza globale». Stando a quanto dice lui, Twitter è stato ostaggio di Wall Street e del modello pubblicitario e liberarlo da questi legacci è la scelta giusta. Anche se Dorsey ribadisce di credere che «Twitter non dovrebbe appartenere a nessuno», in questa dichiarazione si dice fiducioso nel progetto della nuova proprietà di renderlo la piattaforma più fidata e inclusiva del mondo. «Around the world and into the stars», l’augurio con cui si conclude il messaggio.

Elon Musk e Twitter. Jeff Bezos. Prevedibilmente meno entusiasta il commento dell’altro uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos. Riprendendo un tweet del giornalista Mike Forsythe del New York Times, il capo di Amazon si è chiesto (sibillino) se con l’acquisizione di Twitter da parte di Musk non sia la Cina, alla fine, a guadagnarci davvero. Se è vero che Twitter non è disponibile in Cina, è vero anche che il governo cinese ha dimostrato in più occasioni di essere assolutamente capace di manipolare la piattaforma a scopi di propaganda. La domanda di Bezos nasce dalla consapevolezza degli strettissimi rapporti d’affari tra Tesla e Cina: il Paese, infatti, è il secondo mercato più importante per Tesla, e il governo cinese negli scorsi anni ha fatto sforzi notevoli (prestiti, affitti, etc.) per convincere Musk ad aprire quella che poi sarebbe diventata la fabbrica di Shanghai. Ora, Bezos (e altri) si chiedono se con l’acquisizione di Twitter la Cina non abbia accresciuto la sua influenza nel dibattito pubblico americano e occidentale. Lo stesso Bezos, in un tweet successivo, chiarisce che secondo lui il rischio che Twitter ceda sotto eventuali pressioni censorie della Cina «probabilmente non c’è». Ma che per Tesla le cose si faranno più difficili nel mercato cinese, da ora in poi. «Vedremo. Musk è molto bravo a muoversi in questo tipo di difficoltà», conclude Bezos. In molti, però, hanno sottolineato come il problema non sia la censura cinese ma semmai un “allentamento” delle regole e dei controlli di Twitter che potrebbe favorire la propaganda. Fino a ora, Twitter ha etichettato i profili riconducibili a media statali e ha vietato loro di acquistare pubblicità sulla piattaforma. Una decisione che in passato fu presa anche perché la Cina usava il social per promuovere articoli contro le proteste di Hong Kong del 2019.

Se Dorsey sembra essere contentissimo della notizia e Bezos incuriosito da quel che verrà, chi sembra preoccupato dal futuro sono i dipendenti di Twitter. In un incontro tenuto ieri, il Ceo Agrawal ha detto che il futuro dell’azienda è «incerto»: secondo quanto riporta il Guardian, l’amministratore delegato avrebbe detto che «una volta chiuso l’accordo, non sappiamo che direzione prenderà la piattaforma». Un’incertezza che tocca qualsiasi aspetto della vita lavorativa dei circa settemila dipendenti. Non si sa se resteranno a San Francisco o dovranno trasferirsi a Austin, dove Musk ha la sua base operativa. Non si sa se dovranno tornare a lavorare in presenza, tutti quanti e sempre. Non si sa se ci saranno licenziamenti: Agrawal ha detto che «in questo momento» non sono previsti, ma quel che succederà davvero lo si potrà capire solo tra sei mesi, quando l’accordo sarà finalizzato. Di sicuro c’è solo il fatto che le loro azioni diventeranno denaro contante. E anche questo fatto è motivo di scontento per alcuni: in un’azienda in cui molti percepiscono quote di stipendio in stock option (alcuni dipendenti addirittura metà), l’idea di dover cedere queste azioni non è stata accolta bene. Il fatto è che anche l’idea di tenersele, queste azioni, preoccupa: Musk è noto per aver causato diversi crolli del valore azionario delle sue aziende dicendo stupidaggini su Twitter o fumando erba con Joe Rogan. Intelligencer ha raccolto diverse reazioni dei dipendenti Twitter: si va dai conati di vomito alla necessità di assumere liquori forti per superare lo shock, passando per l’entusiasmo dei fan boys. La situazione di incertezza di cui sopra è riassunta alla perfezione da un tweet di Ned Miles, un dipendente Twitter: «Qualcuno può dirmi se sono ricco o licenziato per favore».

Elon Musk e Twitter. Perché? La domanda che però tutti in questo momento si stanno ponendo, e alla quale nessuno può rispondere con certezza, è: perché? Perché Elon Musk ha deciso di comprare Twitter? Alcuni credono sia la sua versione di operazioni che abbiamo già visto fare ad altri miliardari: Jeff Bezos ha comprato il Washington Post, Jack Ma il South China Morning Post, Musk Twitter. Altri prendono sul serio i discorsi di Musk sulla necessità di migliorare la piattaforma per garantire la libertà di parola nel futuro. Un progetto che, stando a quanto dichiarato dal neo proprietario, passa dall’implementazione di nuove feature, dalla rimozione di tutti gli spambot e dall’autenticazione di tutti gli esseri umani. Per ribadire la sincerità delle sue intenzioni, Musk ha scritto che si augura che tutti i suoi critici più duri rimangano su Twitter, «perché questo è il senso della libertà di parola». Altri, infine, sono convinti che Musk abbia fatto tutto semplicemente perché ama Twitter. Il giornalista di Business Insider Dave Smith ha twittato ieri lo screenshot di uno scambio avuto qualche anno fa con Musk: il miliardario dice «amo Twitter», il giornalista risponde «dovresti comprarlo, allora», Musk ribatte «quanto costa?».


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